5 pratiche spirituali di consapevolezza

5 pratiche spirituali di consapevolezza

Era il 2017 e nel nostro centro olistico di cui sono Vicepresidente cercavo qualcuno che potesse occuparsi della parte spirituale.


Il corpo e la mente avevano già il loro spazio, ma sentivo mancasse quel terzo elemento: lo spirito.


Qualcuno che potesse guidare gli altri verso la presenza, la consapevolezza, il ritorno a sé.

Mi dicevo che io potevo occuparmi della parte mentale, la psicologia — anche se ho sempre pensato che la psicologia non sia solo lo studio della mente, ma una cura per l’anima.


Avevo in mente una collaboratrice per la parte spirituale, ma proprio in quel periodo decise di trasferirsi.
E mi ritrovai, letteralmente, senza sapere a chi affidare quel compito.

In zona, pochi lavoravano davvero in modo serio sul piano olistico:
persone che avessero fatto esperienza profonda su di sé, non solo studiato tecniche da manuale.
Professionisti che sapessero unire la conoscenza scientifica alla pratica spirituale.

Un giorno, dopo settimane di riflessioni, mia madre — che è anche la presidentessa dell’associazione — mi guardò e disse:

“Perché non lo impari tu? Perché non porti tu la mindfulness nel nostro centro?”

In quel momento qualcosa dentro di me si è acceso.
È come se un file, rimasto silente per anni, si fosse finalmente aperto.

Da lì è iniziato il mio cammino.
Ho studiato all’Istituto di Neuropsicosomatica del Villaggio Globale di Bagni di Lucca, un luogo unico dove mente, corpo e spirito dialogano.
Lì ho imparato non solo a meditare, ma anche a insegnare la meditazione.

E da allora non mi sono più fermata.


Cosa sono le pratiche di consapevolezza

Le tecniche spirituali di consapevolezza sono strumenti semplici e profondi:
servono a riportare attenzione e respiro a ciò che c’è — corpo, emozioni, pensieri —
senza giudizio, ma con presenza.

La mindfulness psicosomatica, quella che pratico oggi, nasce proprio da questo:
un ascolto sensibile del respiro nel corpo, che non controlla, ma accoglie.
È una pratica viva, dinamica, che ci aiuta a sciogliere le tensioni e uscire dalla modalità automatica in cui spesso viviamo.

Meditare non significa “svuotare la mente”.
Significa imparare ad esserci.
A sentire la vita che si muove dentro di te, così com’è.


Le altre pratiche che hanno cambiato il mio percorso

Dopo la mindfulness, ho incontrato altre forme di consapevolezza che hanno ampliato la mia esperienza.

🌀 Le meditazioni attive di Osho: pratiche che alternano movimento, respiro, catarsi ed ascolto.
Sono momenti potenti di rilascio, dove lasci che il corpo esprima ciò che trattiene.
A volte è rabbia, a volte tristezza, a volte pura energia vitale.

💫 Il Koan – “Chi c’è dentro?”
Una domanda che penetra oltre la mente, ti spoglia dalle definizioni — nome, ruolo, identità — e ti riporta alla tua essenza.
Durante un ritiro di tre giorni arrivai a sentire la mia vulnerabilità più profonda: come la pelle di un neonato.
In un altro, contattai il silenzio.
Un vuoto vivo, espansivo, come una galassia nel cuore.

🌿 Il Latihan, “allenamento al Sé interiore”: una pratica antica, spontanea, dove il corpo si muove da solo, senza controllo, seguendo la musica e l’energia vitale.
È un lasciarsi andare totale.
Ed è lì che accade la magia: il corpo diventa preghiera, il movimento diventa libertà.

💗 Il Tantra: la via dell’unione.
Non solo sessualità, ma energia, respiro, amore che si espande fino a toccare il Tutto.
È una pratica che ci insegna a sentire, ad aprirci, a fonderci — con l’altro, con la vita, con l’universo stesso.


Essere folli o essere vivi

Molti pensano che chi medita sia un po’ folle.
Io credo sia folle chi vive in automatico, separato dal proprio corpo e dalle proprie emozioni.
Chi si adatta perfettamente a una società che ha dimenticato cosa significhi sentire.

La vera follia, oggi, è non ascoltarsi.
La vera libertà è tornare dentro.


E tu?

Conosci qualche pratica di consapevolezza che ti ha cambiato?
Mi piacerebbe leggerla nei commenti o sui social.
Condividila.
Perché la crescita interiore è un viaggio che non si fa mai da soli.

Un abbraccio,
Sara.

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